
Per descrivere la situazione in cui versa l’intero sistema previdenziale italiano, è sufficiente dare uno sguardo al seguente grafico: raffigura, in rapporto al PIL, le risorse destinate alla spesa pensionistica pubblica e privata (fonti COVIP e OCSE, 2017). (fonte Kaidan)
Si hai letto proprio bene, forse tu che leggi o qualcuno che conosci non siete proprio interessati a pagare meno tasse ora ed avere una vita più tranquilla poi.
Sono questi i due vantaggi che puoi avere subito e dopo con la previdenza complementare.
Nella tua mente hai due cicale che ti dicono:
- È presto, ci penserò più avanti
- La pensione pubblica sarà sufficiente
Analizziamo
È presto, ci penserò più avanti
La “rimandite” è un brutto male.
Prendere una decisione è sforzo. Pure leggere un articolo è uno sforzo, figuriamoci rinunciare qualcosa oggi per avere qualcosa fra qualche mese (#risparmiofiscale) e soprattutto dopo (#pensioneintegrativa) quando causa l’età avanzata si rischia di essere forse (e spero tra voi lettori nessuno) , “rimbambiti” per demenza senile … scusate il francesismo.
Chi ci pensa ora, e non più avanti, ottiene due enormi vantaggi.
Primo, il bisogno di un accantonamento minore e si può dedicare il risparmio rimanente ad altre esigenze importanti; secondo, si sfrutta l’ottava meraviglia del mondo, l’effetto del rendimento composto che merita un articolo a parte (a novembre lo faccio … e ne vedremo delle belle!).
Nel frattempo, vi dico solo che il rendimento composto nel lungo termine consente di ottenere un aiuto inatteso.
La pensione pubblica sarà sufficiente
C’è ancora chi la pensa ancora così: forse non legge i quotidiani né ascolta un telegiornale (anzi magari lo sente ma non lo ascolta) oppure ha un’ancora mentale da transatlantico!
Il primo caso è proprio una pessima abitudine e non la considero nemmeno, mentre per quanto riguarda il secondo caso si pensa ai propri nonni o anche ai genitori che hanno iniziato a lavorare molto presto a lavorare vivendo beatamente nel “metodo retributivo”
Questa giustificazione è, purtroppo, totalmente dissociata dalla realtà.
Non considera il cambio strutturale in corso dovuto al sistema di calcolo contributivo, che presto soppianterà il più vantaggioso retributivo, e dello scenario demografico contraddistinto da un innalzamento delle aspettative di vita.
“Secondo la Ragioneria Generale dello Stato (rapporto n.19/2018), il tasso di sostituzione dovrebbe ridursi fino al 60% nel 2040 per i lavoratori dipendenti del settore privato, fino al 45% già nel 2030 per i lavoratori autonomi. Capitolo a parte, poi, per i liberi professionisti: il processo di riforma che riguarda dal 2011 le Casse Professionali porta a stime ancora più penalizzanti, anche inferiori al 35%.” (Fonte Kaidan)
La pensione pubblica sarà matematicamente e totalmente insufficiente a permettere una continuazione del proprio stile di vita.
Attenzione a non dire “divento vecchio avrò meno esigenze” è pura utopia: le esigenze aumenteranno per due motivi e che fanno il 100% dei pensionati:
Se si sta bene: si ha più tempo libero, ci si diverte e se non si lavora si spende, come disse un mio cliente imprenditore.
Se si sta male: ci si deve curare e ovviamente si spende.
Ora vediamo i vantaggi fiscali delle forme di previdenza complementare, disciplinate dal d.lgs. 252/05:
- Deducibilità dei versamenti fino a 5.164,57 euro annui (fino a 7.746,86 per i lavoratori di prima iscrizione successiva al 01.01.2007, si veda art. 8 c. 6 del d.lgs. 252/05);
- A scadenza, tassazione massima del 15% e minima del 9% sui premi versati e dedotti (sconto pari allo 0,3% per ogni anno successivo al quindicesimo);
- Nessuna tassazione per i premi versati e non dedotti, purché la mancata deduzione venga comunicata al fondo pensione entro il 31 dicembre dell’anno successivo al versamento;
- Esenzione dell’imposta di bollo pari allo 0,20%, generalmente applicata sugli altri strumenti finanziari inseriti in dossier titoli;
- Tassazione dei rendimenti (per maturazione) con aliquota ridotta pari al 20%, in luogo del 26%;
- Per le aziende, numerosi vantaggi fiscali: contributo previdenziale ridotto (10%, in luogo del 23,81%), minore imposizione fiscale (una quota del TFR va in diminuzione dei redditi), diminuzione costo del lavoro (no quota dello 0,20% al fondo garanzia INPS), esenzione dalla rivalutazione del TFR (che dipende dalle performance del fondo pensione).
Vi basta?
Credo che chi snobba o rimanda possa pentirsene amaramente, come già alcune persone mi hanno confidato, quando rimaste sole e anziane sono state costrette a “tirar la cinghia” e chiedere ospitalità ai figli…. (chi ce li ha”).