
Greenwashing è l’unione di due parole: «green» + «whitewashing».
Il «greenwashing» è il rischio che talune società di gestione si auto-dichiarino sostenibili attribuendo ai propri prodotti o processi etichette “verdi” che, in realtà, non meritano.
Le origini di questa strategia risalgono agli anni ’70 e ’80, quando vi si ricorreva per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media dall’impatto ambientale negativo (talvolta veri e propri disastri) di alcune attività produttive.
Il concetto del «greenwashing» è stato elaborato per la prima volta nel 1986 dall’ambientalista statunitense Jay Westerveld in risposta alle pratiche delle catene alberghiere che facevano leva sull’impatto ambientale del lavaggio della biancheria per invitare i clienti a ridurre l’utilizzo di asciugamani, quando in realtà l’invito muoveva da motivazioni di carattere prevalentemente economico.
Negli anni il significato dell’espressione si è esteso largamente così da comprendere tutte le strategie di comunicazione aziendale finalizzate a offrire un’immagine positiva agli occhi del pubblico, incluse quelle delle società di gestione e dei relativi investimenti ESG.
Per contrastare questo fenomeno, a livello comunitario si lavora molto sulla trasparenza e sulla misurabilità dei dati dichiarati. (Credits: Braga MD)